Cinque giorni in cui tutto si ferma, tutte le trasmissioni radio e tv trattengono il fiato e seguono l’evento come una mamma con un figlio, prendendolo per mano e rimproverandolo quando serve. Tutti trattengono il fiato, tranne i social
I social ansimano bramosi. Fanno scorrere le dita sulle tastiere come pianisti impazziti per dare sostegno o distruggere, ironizzare o fare polemica (soprattutto). Questa edizione in particolar modo, senza pubblico in sala, ha letteralmente spopolato sul web e in un mondo digital-centrico, anche il Festival più tradizionale della storia cede al principio del “non importa come, l’importante è che se ne parli” (vedi palloncino fallico).
La partecipazione ormai si misura in like, views e condivisioni e Sanremo è diventato uno strumento che, catalizzando le principali attenzioni nazionali, induce chi vuole emergere ad utilizzarlo come meglio crede cavalcando le onde emotive che genera. Al tempo stesso l’organizzazione che ruota intorno all’evento usa i social per attirare l’attenzione e fare in modo che non si parli d’altro.
Insomma è Sanremo ad utilizzare i social o sono i social ad utilizzare Sanremo?